Siti incontri seri

domenica 30 giugno 2013

Società offshore e meccanismi elusivi


Negli ultimi anni la creazione di società offshore, compagnie nominali, filiali, succursali, fiduciarie, trust e altri tipi di compagnie ad hoc è cresciuta enormemente, soprattutto nei cosiddetti rifugi fiscali. Gli studi di consulenza legale e finanziaria e le grandi banche d'affari sono fondamentali per assistere le imprese nelle loro operazioni con le holding che han sede nei paradisi fiscali; oltre a ciò, sono anche utili  per permettere e facilitare manovre volte alla ridistribuzione e possibilmente alla riduzione dei carichi fiscali, talvolta all’elusione, se non alla vera e propria evasione fiscale.

Le società offshore crescono ad un ritmo di 150 mila all'anno
Secondo l’Economist, nel 1990 le imprese multinazionali erano 37 mila con 175 mila filiali (ovvero un rapporto di meno di 5 filiali per impresa). Nel 2003, queste cifre erano cresciute rispettivamente a 64 mila e 875 mila (con un rapporto cresciuto a oltre 13 filiali per impresa). Al momento del fallimento la Enron aveva 692 compagnie registrate nelle sole Isole Cayman. Secondo il Senato degli USA sarebbero necessari dieci anni di indagini per districare la matassa societaria messa su dalla stessa Enron.
Le compagnie offshore vengono create a un ritmo di 150 mila l’anno, e sono a milioni in tutto il mondo. Questo senza contare organismi quali i trust offshore e le fondazioni che non hanno obbligo di registrazione e sui quali non c’è modo di fornire una stima.

Il meccanismo dell'operazione offshore nei paradisi fiscali


Produzione già "delocalizzata"
Ecco un esempio semplice sul principio e sul meccanismo che rende conveniente costituire una società in un paradiso fiscale per una moltitudine di operazioni: una multinazionale con sede in un Paese occidentale (per esempio l'Italia) produce parti per l'elettronica. Ovviamente, data l'insostenibile e ingiustificata pressione fiscale italiana, la produzione delle parti avviene materialmente in un Paese che promuove gli investimenti stranieri (in Cina Popolare), ad un costo di 10 dollari, mentre il prodotto finito viene venduto in Italia e all'estero per 100 dollari.

Transazione diretta
Se il passaggio avvenisse direttamente dalla Cina Popolare all'Italia, l’impresa dovrebbe pagare le imposte (e ricordiamo che la pressione fiscale sulle imprese in Italia è del 68%) sui profitti, che sono previste dall'ordinamento fiscale in Italia (in questo caso, per semplificare e trascurando gli altri costi, su 100 – 10 = 90 dollari). 


Ma se l'impresa ha una sede estera..
L’impresa costituisce però una filiale in un paradiso fiscale (Hong Kong, per esempio, che è certamente il centro finanziario offshore più sicuro e meglio organizzato, ma potrebbe benissimo essere un altro rifugio fiscale tropicale, come Samoa o le Seychelles). A questo punto la ditta in Cina Popolare vende alla filiale di Hong Kong la sua produzione per 10 dollari. La filiale in Hong Kong rivende a sua volta alla casa madre in Italia per 100 dollari. Questo significa che il profitto di 90 dollari è stato realizzato nel paradiso fiscale di Hong Kong, dove non esiste una tassazione dei profitti derivanti da transazioni avvenute fuori la ristretta area Hong Kong SAR. La casa madre in Italia compra dalla filiale in Hong Kong e rivende le parti di prodotto al suo compratore finale sempre a 101 dollari, realizzando un utile imponibile di 1 dollaro, e pagando le imposte su quel dollaro.

Non necessariamente una filiale estera..
Naturalmente, questo esempio varrebbe benissimo anche qualora l'impresa italiana non avesse una propria filiale in Cina Popolare ma acquistasse direttamente dai suoi fornitori (solitamente produttori che lavorano in conto terzi). Infatti, l'azienda Italiana non dovrebbe far altro che aprirsi una società in Hong Kong SAR (una società leggerissima e a costi fissi annui irrisori), acquistare dai suoi fornitori a 10 dollari, attraverso la propria società di Hong Kong, pagare i 10 dollari, attraverso la propria azienda di Hong Kong, e dipoi fatturare all'impresa italiana (cioè alla propria impresa) i 100 dollari di cui si diceva di sopra. La ditta italiana potrebbe anche fatturare direttamente i 100 dollari alla sua cliente italiana usando la sua ditta di Hong Kong e far consegnare direttamente la merce a destino, attraverso la costituzione e l'intermediazione della sua società di Hong Kong, senza dover far muovere alcuna persona fisica dalla sede Italiana.

Razionalizzare le passività aziendali con la società estera

La costituzione di Società estere si utilizza essenzialmente per razionalizzare l'attività dell' impresa, talvolta anche sfruttando i vantaggi della cosiddetta "delocalizzazione" territoriale; il sistema contributivo Italiano, e il costo del lavoro estremamente gravoso per le aziende italiane, ha comportato la necessità di razionalizzare le passività aziendali, utilizzando anche la rete internet come sistema di scambio di informazioni per poter dislocare sedi aziendali in diverse aree del pianeta.

Protezione beni patrimoniali e pianificazione fiscale
È quindi abbastanza frequente la decisione degli imprenditori avveduti di costituire una società estera per poter razionalizzare alcuni dei processi rispetto a quelli sostenuti in Italia. La costituzione di società estere viene anche utilizzata per proteggere le proprietà immobiliari e i beni patrimoniali delle imprese italiane; le società offshore divengono destinatarie di "attività" immobiliari; le azioni delle società offshore vengono poi destinate in Trust per la tutela del patrimonio. La costituzione di società estere è inoltre utilizzata per la pianificazione fiscale; attraverso la tematica del transfer pricing assume un ruolo strategico per le società multinazionali ed allo stesso tempo costituisce un aspetto di particolare criticità per le nazioni in cui le singole società sono ubicate. È ben frequente, infatti,  che, in un'ottica di riduzione del carico fiscale di un intero gruppo multinazionale con filiali in diverse aree del pianeta, l’imponibile venga concentrato nei paesi con i regimi fiscali meno oppressivi, che vengono comunemente indicati come "paradisi fiscali”.

Il cosiddetto Transfer pricing
Quando si dice transfer pricing, comunemente in economia si intende il controllo dei corrispettivi applicati alle operazioni commerciali e/o finanziarie intercorse tra società collegate e/o controllate residenti in nazioni diverse, al fine di verificare che non vi siano aggiustamenti "artificiali" di tali prezzi. Infatti, nell'ambito dei rapporti tra le società estere del gruppo, potrebbe trovare applicazione una certa procedura elusiva; per esempio: la società A, con sede in una nazione come l'Italia, in cui vige un'opprimente e insostenibile pressione fiscale, acquista beni e servizi dalla consorella, la società B, ubicata in un paese a basso livello di imposizione fiscale (come nell'esempio si vuole essere Hong Kong; nella realtà Hong Kong SAR ha un'imposizione fiscale addirittura pari a zero per tutti i redditi prodotti da transazioni che non abbiano luogo direttamente nel mercato interno di Hong Kong SAR). Con lo scopo di concentrare il più possibile l'utile di esercizio nello stato con minore pressione fiscale (a Hong Kong SAR, quindi, nell'esempio qui voluto) la società multinazionale A, con sede in Italia, potrebbe fissare un prezzo di vendita dei beni e/o servizi della società B molto elevato, in modo da far concentrare i profitti nel paese con la minima pressione fiscale (in modo cioè di concentrare i profitti della società del gruppo che ha sede a Hong Kong SAR) e, nel contempo, si otterrebbe che il corrispettivo di riferimento non lasciasse spazio ad alcun margine di ricavo per la società A nell'ipotesi di rivendita di quanto acquistato dalla consorella. Attraverso questo semplice meccanismo, quindi, i prezzi delle transazioni fra le società del gruppo verrebbero determinati da esigenze gestionali del gruppo, esigenze organizzative e tributarie, e non dalle generali condizioni di mercato.

1) I Paradisi Fiscali e le società off-shore
Le società off-shore;
I Paradisi Fiscali;
le IBC (International business companies);
compagine sociale e all'amministrazione, nelle International Business company (IBC);

2) il segreto bancario;
il basso il livello dell'imposizione fiscale diretta ed indiretta;
i "paradisi" valutari;
l'assistenza giudiziaria ad organi inquirenti esteri;

3) Disciplina dei paradisi fiscali
Esame delle discipline giuridiche societarie, valutarie, fiscali, bancarie;
Non vi è una disciplina specifica italiana dei c.d. paradisi fiscali;
le black list recanti l'indicazione di Stati off-shore presentano elencazioni ben eterogenee;
l'elenco di paesi a fiscalità agevolata (d.m. 24.4.92);
Di per sé i centri off shore sono perfettamente leciti e offrono vantaggiose opportunità;

4) Centri finanziari offshore
I centri finanziari offshore operano come società che svolgono attività bancaria e finanziaria;
l'uso di centri finanziari off-shore è diverso nei casi di spostamenti di capitali all'estero per conseguire vantaggi fiscali;
i gruppi multinazionali articolati in holding e caratterizzati da sofisticati sistemi di partecipazione.

Nessun commento:

Posta un commento

Cosa ne pensi?